LE ESCURSIONI

E per coloro che vogliono conoscere il passato di questa terra, culla della Magna Grecia e terra di antichi insediamenti, la Calabria offre un’ampia scelta fra chiese e monasteri, castelli e palazzi, borghi e luoghi dove sopravvivono usi e tradizioni secolari.

LE CASTELLA

Le Castella e il suo castello aragonese sono punti di attrazione per un percorso storico e naturalistico. Da questo punto si giunge facilmente nell’area marina protetta di Isola Capo Rizzuto e nel bellissimo parco archeologico di Capo Colonna, distante pochi chilometri. Qui la costa ionica offre uno scenario mitico e un paesaggio naturale vivace e vario.

Il nome odierno di Le Castella conserva il plurale neutro latino e ne indica l’origine leggendaria del paese. Si tramanda infatti, che nella zona in cui sorge l’imponente fortezza, vi sia stata la presenza di sette castelli sparsi in un arcipelago sommerso da millenni, e da qui il nome al plurale per indicare che essa faceva parte di un complesso più ampio di manieri.

Secondo altre teorie, smentite ma sempre affascinanti, troppo, per poterle distaccare dal patrimonio dell’immaginazione collettiva, vicino alla costa dove sorge la fortezza de Le Castella sarebbe collocata la mitica isola di Ogigia. Quest’isola, descritta da Omero nell’Odiessa, ospitò Ulisse che vi trovò dimora tra le amorevoli cure della ninfa Calipso.

Ma se queste leggende sono frutto della vicinanza della Calabria con il mondo classico, la storia vera di questa fortezza e della sua costa ci conduce in altri sentieri non meno densi di vicende e di personaggi.

La posizione geografica di Punta Castella s’impose, per la sua strategicità, nel trattato di amicizia tra Roma e Taranto nel 304 a.C, che la fece divenire punto di vedetta dei tarantini. Appena un secolo dopo, negli ultimi anni della seconda guerra punica, tra il 208 ed il 202 a.C., fu Annibale, incalzato dagli eserciti romani e costretto a un repentino ritorno in patria, a far costruire, là dove ora sorge il possente monumento aragonese, una sorta di accampamento.
Dopo la dipartita di Annibale i Romani fecero sbarcare per motivi strategici sul posto circa tremila coloni e chiamarono il luogo Castra. Fu così che la permanenza di quegli uomini diede origine al borgo che prese il nome di Castella.

Sempre per la sua posizione strategica, nei secoli IX – XI la zona circostante l’odierna fortificazione fu occupata dagli Arabi che avevano creato un emirato nella vicina Squillace.

Cessata in parte la minaccia araba, Le Castella divenne pian piano un popoloso borgo sul quale vennero erette anche due chiese: quella di Santa Maria e l’altra di San Nicola. Si sa che intorno al 1251 a Le Castella erano presenti pubblici ufficiali quali giudici e notai, segno evidente questo di un’attiva vita commerciale e sociale.

La Seconda parte di quel secolo fu per Le Castella caratterizzata dall’aspra lotta tra Angioni e Aroagonesi, e inutile fu la resistenza degli abitanti al dominio di quest’ultimi, poiché dopo il barricamento della popolazione nella fortezza, furono costretti ad arrendersi al loro assalto guidato da Ruggiero di Loria.

Qualche anno dopo Le Castella fu teatro di un altro clamoroso scontro fra le truppe di Guglielmo Estendard, capitano angioino che decise di riconquistare tutte le terre perdute dal suo sovrano, e lo stesso Ruggiero di Loria, ma fu sconfitto e fatto prigioniero da quest’ultimo.

Nel 1459 Ferdinando d’Aragona la conquista, dopo di che fu assoggettata al nobile napoletano Andrea Carafa, che la acquista nel 1496 insieme alle terre di Cutro e Roccabernarda.

Con l’infeudamento nel 1496 della contea di Santa Severina, di cui Le Castella faceva ormai parte, seguì un lento periodo di declino; tra la metà del ’500 e il secolo successivo si vide diminuire la sua popolazione, sparire quasi del tutto i commerci, inaridire le sue belle campagne. Un peso importante per questa decadenza lo ricoprì sicuramente la potenza ottomana che dilagò come un mare di fuoco nel Mediterraneo senza incontrare significativi ostacoli.

Gli attacchi a Le Castella cominciarono intorno 1553, anno in cui vennero bruciate le campagne e catturati molti borghigiani. Tre anni dopo, navi turche si avvicinarono alla costa e quando si trovarono ad adeguata distanza da essa cominciarono un violento bombardamento che precedette un crudele saccheggio da parte di Ariadeno Barbarossa, il terrore dei mari. Qui, insieme alle devastazioni, ha anche inizio la vicenda del celebre Giovan Dionigi Galeni, destinato a diventare il famoso Kiligi Alì, meglio conosciuto come Uccjalì.

Nel 1544 e nel 1548 il pirata Dragut la saccheggiò di nuovo. Ancora una volta gli abitanti custodirono e difesero la fortezza, costruendo dei sottopassaggi che ne permisero la difesa.
Queste vicende impoverirono il borgo, che continuò ad essere preda dei turchi ma anche merce di scambio tra feudatari che pressati da questo declino decisero di vendere molti dei loro beni. Anche questi difficili anni sono misti di storia e di leggende popolari che racconto di rapimenti di giovinette che pur di non divenire concubine dei sovrani turchi si procurarono la morte

Franceso Filomarino sarà l’ultimo feudatario di Le Castella.

Il fatidico anno 1799 vide ancora Le Castella epicentro dello scontro tra francesi e borbonici e punto di approdo delle truppe provenienti dalla Sicilia. Gli anni ruggenti di Le Castella sono però finiti. Da questo momento il borgo, prima aggregato a Crotone e poi divenuto frazione di Isola Capo Rizzuto, seguirà le vicende amministrative e politiche prima del risorto Regno di Napoli, poi dello Stato italiano.

Oggi, il castello, grazie anche ad un lavoro di recupero e restauro, e la zona circostante sono conosciuti al mondo per la loro bellezza artistica e naturale. Qui, il castello nato dall’ingegno della mano umana e l’azzurro del mar Ionio si sposano, creando quel paesaggio che fa della Calabria un luogo meraviglioso, terra di storia e di storie.

ANTICA KAULON

L’antica Kaulon racconta di un tempo in cui gli uomini cercavano di comunicare con il sacro, costruendo un legame di devozioni attraverso i riti e i magnifici templi. Tutto riconduceva ad una dimensione di sacralità, il mare era sacro non solo come elemento del cosmo ma anche come testimonianza dell’impeto e della benevolenza delle divinità, così come l’aria, la terra e il fuoco. Percorrendo il sentiero che conduce al tempio dorico e all’area sacra, bisogna avere l’attenzione di ascoltare i rumori del vento e del mare che raccontano di cerimonie accorate, profumate dall’incenso votivo e rese radiose dai ceri devozionali. Il tempio che al culmine della cerimonia diveniva il luogo più importante della città, sorgeva a picco sul mare per illuminare e benedire questo portatore di vita ma anche di morte. Facendosi trasportare da queste suggestioni, il visitatore può entrare in contatto con il mondo dell’antica Kaulon che in Calabria resiste ancora con il suo cuore di tradizioni profonde.

 

I resti di Kaulon sono i custodi di Monasterace, comune in provincia di Reggio Calabria.
Secondo una tradizione, più leggendaria che reale, il nome Kaulonia deriverebbe dal suo fondatore, l’eroe Kaulo, figlio dell’amazzone Clete.
Molti, studiando il significato del termine, lo riconducono ad “aulonia” che vuol dire vallata.
Oscura è anche la sua fondazione. Si pensa che Kaulon nacque come colonia fondata dagli Achei, sotto la guida di Tifone di Aegion e poi ricolonizzata da Crotone intorno al 675-650 a.C., secondo altre ipotesi si tratterebbe di una sub colonia di Crotone.
Dai ritrovamenti archeologici è però emerso che il periodo più fiorente per questa città fu sotto l’influenza crotoniana, nel VI sec. a.C.. A questo periodo risale la partecipazione di Kaulon, alleata di Crotone, alla battaglia condotta sul fiume Sagra contro i Locresi. La collocazione geografica di questa battaglia è incerta, poiché tale fiume non è stato ancora identificato con precisione, ma probabilmente dovrebbe trattarsi del fiume Torbido in provincia di Reggio Calabria, o dell’Allaro che attraversa la bella Vallata dello Stilaro Allaro.
La colonia, abitata dal momento della sua fondazione da 10.000 persone, venne conquistata e distrutta da Dioniso I nel 389 a.C.; gli abitanti furono deportati a Siracusa e il territorio passò sotto il dominio di Locri. Ricostruita da Dioniso II nel corso del III secolo, venne presa dai Romani nel 205 a.C. perdendo la sua importanza a riducendosi ad una semplice statio, nota come Stilida o Caulona, posta lungo la strategica strada jonica tra Taranto e Reggio.
L’identificazione del sito e i primi scavi archeologici avvennero per mano di Paolo Orsi all’inizio del 900. Orsi, partendo dalla collina dove attualmente sorge il faro militare, ricostruì il centro urbano di Kaulon, all’origine circondato da mura e posto, come consuetudine per quell’epoca, sul livello del mare. Il centro abitato trovava il suo fulcro nella zone del tempio dorico, di cui sono visibili il basamento e la gradinata monumentale.
Nella zona che circondava il tempio, posto su di una collina a picco sul mare, sono state ritrovate piccole aree di devozione anche più antiche della fondazione del tempio, edificato tra il 430 e il 420 a. C.. Dopo la distruzione della città per mano di Dioniso I, l’area sacra venne prima abbandonata e poi occupata da strutture di carattere vario. Se pur ancora non si conosce con certezza la divinità a cui era dedicato, una grande fossa votiva rettangolare, ritrovata ai piedi della scalinata, con all’interno hydriai e anforette intenzionalmente forate sul fondo a scopo rituale, porta a supporre la frequenza di riti legati alla sfera femminile sacra ad Hera e Artemide.
Fanno parte dell’assetto urbano le abitazioni riemerse,come: la Casa del Drago nella quale venne rinvenuto il famoso mosaico policromo raffigurate un drago marino del III sec. A.C., e il vasto edificio della Casa Matta.
Quest’ultimo, nato come struttura in parte residenziale e in parte pubblica, interessante per il suo ambiente termale, venne trasformato dai bretti in un santuario per il culto di una divinità femminile ancora incerta.
Alla fase tardo-ellenistica risalgono gli ambienti termali ritrovati nel settore nord-orientale del sito.
In più parti dell’antica Kaulon sono state ritrovate significative testimonianze di attività metallurgiche e resti di lavorazione di oggetti in ferro e bronzo. Kaulon, possedendo i ricchi giacimenti di ferro di Stilo e Pazzano, nonché modeste quantità di rame e argento di Bovongi, era territorio ambito per Crotone e Locri, perciò capiamo come le più cruente lotte avessero l’interesse della conquista di queste fonti di ricchezza.
Altre zone sacre furono ritrovate nella collina del faro militare e lungo i confini locresi.
Quello che oggi rimane dell’antica Kaulon è una vallata che a picco sul mare, racconta di civiltà che hanno segnato il cammino della Calabria odierna, e che merita cura e tutela. I visitatori non possono rimanere indifferenti alla bellezza del verde della vegetazione che, come solo la natura sa fare, contrasta con l’azzurro del mare Jonio, rendendo armonioso questo vortice di colori che tra loro cercano di prevalere, catturando lo sguardo.

 

STILO

 

Gioiello della Calabria bizantina, Stilo fa parte dei “Borghi più belli d’Italia”. Ai piedi del monte Consolino nei secoli si è sviluppato il paese che oggi conserva esempi architettonici ed artistici di importanza unica. La sua lunga storia inizia dalla costituzione delle colonie greche nel territorio calabrese, per poi divenire nel X sec d.C. il centro bizantino più importante del Meridione. Da questo momento, la venuta dei monaci basiliani in cerca di rifugio dalle persecuzioni, determina l’avvento di una contaminazione culturale che si manterrà fino ai nostri giorni. Essi hanno dato un’impronta culturale e storica determinante alla città di Stilo, facendo acquisire alle popolazioni indigene la lingua e il culto bizantino. Di questo periodo sono le laure, piccoli tempietti utilizzati dai monaci come ritiro per la preghiera e la vita eremitica.

Bellissima e suggestiva è la piccola laura della Divina Pastorella, per un periodo utilizzata come chiesa rupestre. Questa costruzione è posta sulla parete di una roccia del monte Consolino, praticamente mimetizzata nella natura, come del resto tutte le altre laure.

Sempre del periodo bizantino è la Cattolica di Stilo, esempio perfetto ed eccezionale di arte bizantina in Italia. E’ un tempietto del sec. IX, su pianta quadrata e croce greca, con tre absidi rivolte a oriente e cinque cupolette. Ciò che colpisce, all´interno, è soprattutto la luce, quasi folgorante nella parte superiore e tenue nella parte bassa, così da favorire il raccoglimento.

L´ambiente, con le quattro colonne provenienti forse dalle rovine di Kaulon, emana dolcezza e serenità. In piena armonia con la vegetazione e la natura del monte Consolino, la cattolica di Stilo regala al visitatore un’atmosfera di pace e armonia. Se la Cattolica di Stilo può considerarsi l’esempio perfetto di tempio bizantino in Italia, un altro ricordo lasciato dai monaci a Stilo è la piccola chiesa di S. Nicola da Tolentino, caratterizzata da una cupola a “trullo” ricoperta dagli “embrici” (tegole).

Mentre lo sguardo si perde tra le rocce imponenti del Consolino e l’azzurro del mare che da lontano impone il suo azzurro tra il verde delle colline, il percorso per questo borgo incantato prosegue attraverso i secoli e i popoli che lo hanno costruito. Si arriva così ad ammirare la chiesa rinascimentale di San Francesco del 1450, posizionata nella piazza centrale nella quale trova posto l’imponente statua del filosofo e teologo Tommaso Campanella, nato a Stilo.

Barocca e internamente decorata a stucchi, con una bella facciata affiancata da due campanili, è la chiesa di S. Giovanni Theresti, eretta nel 1625 e dedicata nel 1662 dai monaci basiliani al loro santo, di cui si conservano le reliquie. Interessante e con una vista bellissima sulla parte bassa del paese è il piccolo convento della chiesa di S. Domenico, costruita intorno al ´600 dai Domenicani, ospitò il frate Tommaso Campanella nei suoi anni giovanili.Catturare l’attenzione il Duomo trecentesco che conserva un interessante portale gotico ogivale oltre alla memoria di essere stato la sede vescovile più antica della Calabria.

Dopo aver visitato gli edifici sacri che raccontano la storia secolare di Stilo non si può dimenticare di raggiungere a piedi i ruderi del castello normanno, posti in cima al monte Consolino. La costruzione fu voluta da Ruggero II. Ancora imponente, gode di una vista spettacolare ed è luogo di attrazione culturale e naturalistica. Belli sono anche i palazzi gentilizi come quello appartenuto ai Conti Capialbi, ricco di belle sale, eretto nel Rione di Santa Lucia. Il Palazzo Lamberti è poi un altro vasto complesso edilizio eretto nel ‘600. Di tale periodo sono pure le molte cose di alto pregio che esso conserva: affreschi e pitture varie su tela, sculture ed opere di intaglio. Infine sono da annoverare: i palazzi appartenuti ai Carnovale, ai Bono, alla famiglia Crea e Marzano, ai Caracciolo, Teti, Sersale e altri ancora.

Ma Stilo racchiude in sé non solo un patrimonio artistico e culturale unico, frutto di una storia lunga ed articolata, esso è anche un paradiso naturale che permette escursioni ed esperienze all’aria aperta come in pochi altri posti al mondo. I sentieri che si snodano per il monte Consolino sono scrigni che regalano sorprese naturali e ancora culturali, viste le tante grotte eremitiche sparse nel territorio. Attraverso uno dei percorsi naturalistici si può giungere alla Ferdinandea, centro amministrativo, voluto da Ferdinando II di Borbone e importante polo siderurgico. Tra i boschi di faggio e abete si possono ammirare i resti delle antiche fonderie e della residenza di caccia di Ferdianando II. E’ uno degli esempi più interessanti di archeologia industriale in Calabria.

Allo stesso modo, la zona costiera offre la possibilità di escursioni subacquee in un mare cristallino e custode di storia antica.

IL CASTELLO DI SAN FILI DI STIGNANO

 

Il Castello di San Fili di Stignano
Stignano è un paese sorto su uno sperone di roccia con a valle la fiumara Precariti. Situato nella provincia di Reggio Calabria, confina con paesi di notevole interesse storico e culturale, come: Riace, Stilo, Pazzano, Placanica. Nel tempo ha mantenuto il suo originario impianto medievale con le tipiche case addossate le une alle alte, le strette stradine interne reticolari che rimandano ad innumerevoli piccole scalinate e vicoletti da attraversare per conoscere questo piccolo paese calabrese. Giungendo nella piazza principale, cuore del paese, la vista con un magico contrasto che solo la Calabria con i suoi paesi arroccati può offrire, è ammaliata dai colori del mattone, della terra, del verde e del giallo che si confondono fino a sparire nell’azzurro del mar Jonio che bagna queste coste.
Il Castello di San Fili di Stignano è una torre nata come struttura difensiva nel ‘500, poi modificata a fini residenziali nel corso del 700 ad opera di una famiglia feudataria locale che ne fece una palazzina di caccia.
Si tratta di una costruzione triangolare, per via della sua forma insolita ancora avvolta nel mistero, con tre torri ai vertici, di cui due sul prospetto principale, in pietra a base rettangolare e la terza sul vertice opposto, a pianta pentagonale. L’edificio è a due piani e vi si accede per una scala esterna a unica rampa. All’interno una scala collega i due livelli e il terrazzo.
Dal terrazzo è possibile dare uno sguardo alla campagna circostante, bellissima e florida, e alla piccola cappella sconsacrata facente parte dello stesso complesso edilizio. Sempre dal terrazzo è visibile la Torre di San Fili che dista pochi metri dal castello ed è raggiungibile a piedi.  La Torre di San Fili, come molte altre sparse sui promontori lungo le cose calabresi, fu edificata con funzione di avvistamento e di guardia coordinata con l’apparato di difesa contro le invasioni saracene e turche.

LE VASCHE DI CASSIODORO

 

“…Rifulge di luce chiarissima e, dotata di un clima molto mite, ha inverni aprichi, estati fresche, e la vita ivi trascorre senza alcun malanno per la mancanza d’intemperie. Perciò anche gli abitanti sono svegli nelle sensazioni, perché la contemperanza del clima regola ogni cosa…”  Cassiodoro

Le Vasche di Cassiodoro sono bellissime formazioni rocciose naturali da ammirare nei percorsi lungo la costa della provincia di Catanzaro. Si trovano a Copanello di Stalettì, località balneare situata al centro del Golfo di Squillace. Dalla costa sabbiosa e dal mare cristallino, questo territorio è un insieme armonioso di storia raccontata da numerose testimonianze archeologiche e di una natura meravigliosa e spettacolare. I paesaggi marini sono resi suggestivi dalle rocce di granito bianco ricche di vegetazione che racchiudono specchi d’acqua marina dal colore turchese.
Le vasche di Cassiodoro caratterizzano una parte del promontorio di Copanello. Queste vasche naturali di forma circolare e ovale, utilizzate per l’allevamento ittico, appartenevano al Vivarium di Cassiodoro, monastero fondato da questo illustre letterato intorno al 555 d.C.. Il Vivarium non era solo luogo di preghiera, ma era soprattutto un’importante officina di ricerca e di studio, nota nel Medioevo in tutta Europa e crocevia di viaggiatori e studiosi.
La zona di Copanello di Stalettì racchiude in sé un paesaggio naturale bellissimo che è oggi la testimonianza di quella che fu la cornice di eventi storici e di personaggi che segnarono il cammino artistico e culturale di questo territorio.

SCILLA, MOSTRO MITOLOGICO BELLA DA PERDERE IL FIATO

 

Dal busto e dal capo femminili, sui fianchi appena coperti dalle acque aveva attaccati come serpenti le teste di sei terribili cani che urlavano e latravano senza sosta. Così fu condannata ad essere sfigurata per gelosia la bellissima Scilla, figlia di Forco e della ninfa Crateide. L’amore di Scilla per Glauco, figlio di Poseidone, fu per la giovane motivo di gioia e poi di disperato dolore. Glauco era infatti il prediletto della maga Circe, che non sopportando l’amore dei due giovani, si vendicò di Scilla trasfigurandola in un orrendo mostro marino, con l’aiuto di una malefica pozione che gettò sulle rive del mare dove la giovane era solita bagnarsi. Quando Scilla si immerse nelle acque del mare, vide il suo bacino trasformarsi in tante teste di lupi e cani marini. Trasfigurata in un essere tanto orrendo, la sventurata si gettò nel mare e andò a vivere nella cavità di uno scoglio vicino alla grotta dove abitava anche Cariddi. Il dolore e la disperazione divennero rabbia che Scilla sfogava con urla disumane, divorando le barche che navigavano nelle sue prossimità. Anche Omero raccontò la vicenda di Scilla nell’Odissea.

Ma ritornando ai nostri giorni, Scilla è una bellissima località turistica e balneare poco a nord di Reggio Calabria. Costituisce uno tra i borghi più belli e caratteristici d’Italia, meta di artisti in ogni epoca e di ogni nazionalità e frequentatissima meta estiva. Di origine antichissima, in greco antico il suo nome era Skylla o Skyllaion, in latino Scylla, dunque il nome di Scilla potrebbe probabilmente significare “scoglio”. E’ nota per il suo mare cristallino e per il bellissimo borgo dei pescatori che si specchia nelle acque dello Ionio. Il castello Ruffo domina dal promontorio Scilleo, illuminando con il suo faro questo pezzo di paradiso Calabrese.